lunedì 27 febbraio 2017

UPCYCLE / RECYCLE

Un post un po' diverso dal solito (come se il mio blog avesse un tema di fondo, ma vabè).

Qualche giorno fa stavo portando fuori i sacchi della spazzatura, ed ho pensato sarebbe stato  interessante scrivere qualcosa riguardo le piccole cose che possiamo fare in casa nostra per migliorare non solo la qualità della nostra vita personale ma del pianeta in cui viviamo, anche se in piccolissima parte (beh, del resto le case si costruiscono mettendo un mattone sopra l'altro).
Più che un post dove insegnarvi a fare straordinari progetti DIY che manco Pinterest o Buzzfeed  Nifty volevo piuttosto mostrarvi quello che facciamo noi in quanto coppia nella nostra quotidianità, magari per ispirare qualcuno o perché no, ricevere qualche suggerimento a mia volta.

Cominciamo con le basi: riciclare.
Sfortunatamente non tutti hanno la possibilità di poter riciclare tutto. Io vivo a Roma, e posso assicurarvi che nel quartiere dove vivo non c'è nemmeno un cassonetto per la raccolta dell'umido. Nemmeno uno.
EEEEEE quindi questo dobbiamo cancellarlo dalla lista. 
Fatto
Hit me up Virginia. 🤙🏻

Plastica, carta e vetro però sono più che fattibili.

Lo spazio sotto il lavello del nostro appartamento è piccolissimo (forse perché il nostro Padrone di Casa ha deciso di dotare la cucina di un lavello SINGOLO. Singolo. Ma vabè), quindi ho pensato di risolvere utilizzando due bidoni da 40l (IKEA duh KNODD, 19.99€) che tra l'altro si sposano benissimo con il vibe del loft.
Funzionali e piacevoli alla vista. Perfetto.👌🏻


        

Essendo lo spazio un po' un piccolo problema, dicevamo, ho scelto di prenderne solamente due anziché tre (ricordate? Plastica, carta e vetro).
Ho risolto dividendo lo spazio di uno tra carta e plastica e lasciando l'altro interamente per le bottiglie vuote di Ceres il vetro.
Un'altra idea che posso darvi è quella di dividere i due spazi usando per l'appunto un sacchetto di carta (come ne danno in molti supermercati) per riporre gli scarti in carta e cartone ed una in plastica per, beh, la plastica. Così potrete chiudere direttamente il sacchetto quando sarà pieno e buttarlo via, sostituendolo con uno nuovo (che io per comodità conservo sul fondo del bidone).


         

Questo inoltre è anche un modo per sentirsi un po' meno in colpa quando siamo a metà spesa e realizziamo di aver dimenticato le borse riutilizzabili in macchina o a casa (io tendo comunque a tenere una piccola shopper di tela in borsa, nel caso mi trovassi a comprare insalata o latte all'improvviso).

Parlavamo anche di conservare le buste di plastica della spesa in maniera pratica e poco ingombrante (perché ovviamente non le buttate via, vero? Sono perfette per il cestino della spazzatura).
Se non avete la possibilità di sistemare uno di quei comodissimi cilindri porta-sacchetti all'interno della vostra credenza (ancora: perché Padrone di Casa... Perché), un'altra idea potrebbe essere quella di prendere una bottiglia vuota di plastica (ancora, anche per sentirsi meno in colpa se acquistiamo acqua in bottiglia visto che l'acqua di Roma non è proprio il massimo da bere), tagliare un piccolo quadrato in cima e... conservarle lì.
Pratico, occupa pochissimo spazio e davvero funzionale. Ed assomiglia ad una confezione di Kleenex (se ne avete una vuota va benissimo anche quella. Non dovete nemmeno fare il buco, vedi un po').


👇🏻


Per ultimo una cosa alla quale non ho mai pensato, non so perché.
Perché penso costantemente ad animali mitologici volanti, probabilmente.

Qualche giorno fa, mentre pulivo la credenza, cercavo di ricordare se avevo da qualche parte un contenitore in plastica per separare le salse giapponesi e coreane dall'olio d'oliva ecc ecc (così, mi piace sistemare le cose per sezioni. OCD. Inoltre, 김지 is life). Stranamente non ne avevo, così ho rinunciato anche perché essendo una compratrice compulsiva IKEA posseggo sin troppi contenitori e ciotole e non so più dove metterne.



Tanto per darvi un'idea vi mostro come conservo la mia collezione di cucchiai e bacchette (sì ne ho una, perché)

Flash forward a ieri sera, quando mentre sistemavamo la spesa mi lamentavo con A. del fatto che detesto acquistare la frutta preconfezionata nei contenitori di styrofoam perché lo ritengo, ovviamente, uno spreco. Nella sua genuina e spontanea saggezza A. mi risponde "Beh, mia madre ad esempio li usa per conservare  polpette o fettine panate nel freezer. O per conservare cose in genere."

Mindblowing  👀


Ce ne sono di dimensioni diversissime, sono compresi nell'acquisto dell'alimento e sono veramente, veramente comodi. Ed A. mi diceva che i contenitori dove di solito sono conservati i pomodorini pachino sono perfetti per far crescere erbe aromatiche come il basilico o rosmarino, visto che hanno praticamente i buchi sul fondo che servono ad evitare il ristagno dell'acqua.
Morale della favola  guardarsi intorno, sempre, e creatività.

Se facciamo un passo alla volta tutti insieme magari riusciamo a rattoppare un po' questo pianeta così vecchio e stanco.
Un po' come noi.

Condividete i vostri piccoli segreti quotidiani, se volete, ed ispiriamoci a vicenda.
Vi lascio il link ad una semplicissima guida al riciclo dei materiali, che tenuta nei segnalibri di Safari male non fa. Inoltre, non dimenticate di seguire le linee guida per il riciclo del vostro Comune di appartenenza e di non lasciare residui di cibo all'interno dei contenitori prima di gettarli.

See you soon,
Noemi.






domenica 18 settembre 2016

Back in the game. Kinda.

Guess who's back!
Ma ovviamente non vi sono mancata, lo so bene.
Piccolo post per dirvi che sul mio canale YT trovate un nuovo esperimento culinario, l'infallibile torta senza lattosio.
Tra l'altro stamani, mentre mi rigiravo tra le coperte abusando del web, mi sono ricordata di avere (oltre ad un blog di ricette che non aggiorno mai) un Tumblr aperto 4 anni fa dove postavo religiosamente non solo i miei pasti, ma tutti i piatti che cucinavo per amici e famiglia.
Santa nostalgia. Non credo lo cancellerò, è stata una bella sorpresa ricordarmene.
E' stata anche una bella sorpresa sapere che il mio cervello è ancora in grado di ricordarsi qualcosa (!)
Eccovi il ciambellone, via.






See you soon ;)


sabato 8 agosto 2015

this is not the post you're looking for

Tra le mie bozze figura il post sui libri di giugno/luglio/agosto, ma il fatto di essere qui seduta alla mia scrivania alle 5:59 del mattino a causa delle zanzare (because fuck you, guys) mi spinge a provare qualcosa di diverso, più introspettivo. Purtroppo per voi. Ma tanto questo blog non lo legge nessuno, quindi.

Sto perdendo (nemmeno troppo lentamente) traccia di me. Non mi sono mai sentita così persa in tutta la mia vita, la mia autostima non è mai scesa così in basso come negli ultimi due anni e mi sto lasciando andare, trasportare dagli eventi, rimanendo costantemente in attesa che accada qualcosa che mi renda felice.
Eppure di cose belle ne sono successe. Ho incontrato te, siamo andati a vivere insieme, abbiamo una casa tutta per noi. Ed è il mio piccolo luogo felice, il posto in cui so di essere al sicuro.
Le tue braccia, a dire il vero, sono la mia casa. Ma ho così paura di ferirti, di soffocarti con il miasma tossico che emano, con la mia negatività.
Mi sei accanto in un momento così difficile della mia vita e non riesco nemmeno a realizzare davvero quanto grande e meravigliosa e straordinaria cosa sia, perchè se ci riuscissi veramente probabilmente non smetterei più di piangere.
Avrei una specie di sindrome di Stendhal.

Ti ho promesso che avrei lavorato su me stessa e davvero, forse per la prima volta in questi anni ho davvero iniziato a farlo.
Sapevo sarebbe stato difficile, ma non così; gli inizi sono lenti e dolorosi, immaginavo anche questo, ma non immaginavo fossero alimentati da tanta sofferenza e tanta disperazione.
Sono stanca di essere triste senza motivo.
Sono stanca dei continui sbalzi di umore.
Sono stanca di me.

Mi odio, mi odio, mi odio e vorrei non essere. Non morire, o scomparire. Non essere.

Avevo iniziato a scrivere decisa a buttar giù 5 cose che detesto di me stessa.

Vedo rifiuti e fallimenti come cose definitive.
Mi arrendo quasi sempre subito perchè sono convinta di non potercela fare.
Non sono sufficientemente paziente, né costante.
Giudico persone o valuto situazioni in fretta perchè ho paura.
Penso di non esistere se non negli occhi degli altri, negando effettivamente l'esistenza di una me reale, che vive e respira e prova sentimenti quando nessuno la guarda.

A queste ne aggiungerei delle altre, come ad esempio il fatto che detesto passare il tempo in mia compagnia, per via del mio cervello costantemente in funzione.
Pensa, vive, mi guida, mi terrorizza, insulta e muove il mio corpo e le mie labbra.

...poi c'è la ragazza che sorride quando vede un cucciolo. Che ama vedere le persone felici, anche se non le piacciono. A cui non pesa fare qualcosa per qualcuno se la sa fare ed ha tempo libero.
Che ama cucinare, a cui piace prendersi cura delle persone.
La ragazza che la mia psicologa definiva come una persona con un enorme istinto materno.

Sono le 6:21 di domenica mattina ed il pensiero di fare colazione e di svegliarmi domani per andare al lavoro mi terrorizza.
Per questo tento di affogarmi in un bicchiere di spirito e soffocarmi con il malumore.


domenica 7 giugno 2015

MONTHLY BOOKS |MAY| IRVINE WELSH, SKAGBOYS



Non dimenticherò mai la difficoltà che ho provato nel leggere per la prima volta Trainspotting: episodico, narrativa non lineare, affatto scorrevole (da poco avevo iniziato a leggere per piacere- ero quasi ventenne e tutta tipo SUL SERIO si può scrivere in questo modo?).
Poi tutta in discesa. Cominci ad entrare nella mente del personaggio, a capire le dinamiche del suo cervello, il suo ego, il suo linguaggio.
Le 540 pagine di Porno sono durate due giorni.

Non dimenticherò mai nemmeno la prima volta che ho visto il film di Boyle. Robe che poi rivedi decine di volte ed impari involontariamente a memoria le battute.

"All the fresh air in the world won't make any fucking difference".

Skagboys è uscito da qualche anno oramai, ma finchè non l'ho visto in libreria non avevo idea Welsh avesse deciso di bussare alla porta di Montgomery Street, sedersi sul lurido materasso buttato in terra e farci raccontare da Si, Rent Boy, Spud, Franco ed Alison com'è cominciato tutto.
Avevo continuato a leggere opere di Welsh, nel frattempo (Acid House, Una Testa Mozzata - non Il Lercio stranamente, ma sarà il prossimo); forse dovevo leggerlo nel momento giusto, salcazzo.

Fattostà che il libro è lì, su carta, come un pugno nello stomaco. Proprio in un periodo in cui inizio a capire (o forse a negare) le problematiche legate al principio di una dipendenza (nel mio caso non da skag, direi, ma dalla droga più socialmente accettata dalla società: hello, Johnny Walker).

So che sto passando un limite

Di' di no. Di' di no. Di' di no. Di' di no. Non è troppo tardi! Non è troppo tardi per trovare la scusa, me l'ha messa in mano, qua, di' di no, no, no...NO... NO... NO...Sì, Sì, Sì, Sì, SÌ, SÌ...

Mark sta per cannare l'università di Edimburgo mentre suo fratello disabile muore, Simon inizia la sua carriera di pappa usando come una Bibbia il dizionario Collins (che Rents definisce, nelle sue mani, più mortale di una pistola carica), Spud perde il lavoro ed è sempre il solito, tenero gattone tossico che tutti amiamo e Franco, beh... E' Begbie, ed in una memorabile scena si mostra inaspettatamente umano.

Alison è un personaggio che mi ha sempre affascinato, e sono felice Welsh abbia deciso di farla parlare di più. Tentati suicidi pieni di vergogna, una grossa perdita, il lavoro, gli uomini.

La Scozia di metà anni '80. L'Inghilterra della Thatcher.
Rents e Sicko su una cazzo di nave che anzichè lavorare fumano brown dalla stagna e si imboscano con biondine Occhi di Gatto che mollano e vengono mollate.

Tutto quello che vorreste sapere e non sapere su una banda di ragazzini di Leith appena usciti da scuola e già presi a calci nel culo dalla vita e dalla società, quella bene e quella male. La lenta discesa nella tossicodipendenza ed i blandi tentativi di resistere al fascino dell'eroina, del guadagno facile, dell'abitudine.

Scrivere di Skagboys senza avere Trainspotting in mente è molto, molto difficile per chi di voi non sa di cosa stiamo parlando. 
Trainspotting viene pubblicato nel 1993, e tre anni dopo l'immediato successo viene trasformato in un film culto (che si porta a casa una nomination all' Oscar per la Miglior sceneggiatura non originale ed  un premio BAFTA nella stessa categoria)


Potrei star qui a menarvela (come in ogni recensione che si rispetti) sulla trama del libro nello specifico, sull'introspezione dei personaggi, sullo stile della narrazione (identica ma molto, molto più scorrevole di Trainspotting); invece vi dirò una sola, inutilissima cosa.
Leggetelo. 
Il modo in cui è scritto gli garantisce uno spettro interpretativo talmente ampio che non avrete bisogno di aver letto prima un libro o prima l'altro.
Prendetelo semplicemente con la mentalità del "prima o poi ci capirò un cazzo di qualcosa".

Welsh è un'esperienza, è come Palahniuk. Ne possiamo parlare quanto volete, ma prima dovete leggerlo.

Prima di finire, però, una honorable mention alla colonna sonora.
Sì, proprio colonna sonora. Lo so che non è un film ma un libro, ma siate un pochino più aperti di mente, diamine. Quasi ogni libro ne ha una.
Quella di Skagboys è quella di una generazione. Molti brani e diversi artisti sono tra i miei preferiti (grazie a Welsh ed a Velvet Goldmine di Haynes ho conosciuto anche Lou ed Iggy, poco dopo aver iniziato ad adorare Bowie), altri erano per me nuovi.

Non ho potuto fare a meno di collezionare titoli di brani durante la lettura, ed ho pensato di farvene una playlist.
Non sarà registrata su nastro come facevamo noi da piccoli (o come fa Hazel per Rents) e non avrà i titoli scritti sul retro a penna, ma è su Spotify
Quindi mettetela su mentre vi preparate il caffè la mattina. Mentre vi preparate per andare a letto. Mentre vegetate sul divano durante un detestabile venerdì pomeriggio con in mano una Super Tennent's.

  ♪ SKAGBOYS | Spotify

See you soon ;)


domenica 26 aprile 2015

MONTHLY BOOKS |APRIL| John Green, Paper Towns



Lo so, lo so. Ho cannato marzo.
Diciamo che non sono riuscita a finire nulla.

John Green direte voi. Perchè?
E soprattutto dopo Tolstoji. Really, Noemi? Really?
Non è proprio il mio genere, vero (per quando questo post sarà online avrò letto anche The Fault in Our Stars, e posso dirvi già da adesso che alcune ore della mia vita sono state buttate al vento), ma volevo assolutamente far parte del #buttonbookshelf almeno per una volta e questo (dei quattro scelti sin'ora da Estée) era l'unico reperibile qui in Italia (una delle mie YouTubers preferite, EssieButton, sceglie un libro al mese da leggere insieme ai suoi subscribers per commentarlo via Twitter, Instagram e YouTube. Adoro i club del libro, ho sempre voluto far parte di un fottuto club del libro. FATEMI FAR PARTE DI UN FOTTUTO CLUB DEL LIBRO).
Poi su, sta uscendo il film tratto dal libro #marketing. Con Cara Delevigne. CARA DELEVIGNE.
La adoro ed adoro il suo tatuaggio sull'indice, potrei copiarle l'idea ma non troverei mai più lavoro. Sì, siamo in Italia e le dita le tengo non tatuate per motivazioni prettamente sociali.


Quindi, Paper Towns. Città di Carta.

I'm not gonna lie. L'ho scaricato.
Ho un iPad mini. Ho Dropbox. Sto cambiando casa e devo pagare quasi 2000€ tra caparra, affitto e bollette dell'altra casa. Fate voi i conti.
Come con le serie TV (sapete che sono/ero un'avida divoratrice di drama coreani) quando leggo un libro, essendo arrivata (chi l'avrebbe mai detto) alla matura età dei trent'anni, oramai non riesco più ad identificarmi con le tematiche adolescenziali, per quanto mi sforzi. Ad alcuni capita ed ad altri no, vero, ma forse proprio per questo non sono riuscita a farmi coinvolgere completamente dall'atmosfera della storia.
Seguire quindi la storia di Q(uentin), trascinato da Margo (la sua amica-d'infanzia-diventata-idolo-del-liceo-che-non-lo-caga-più-di-striscio-manco-a-pagala-oro) in un diabolico piano notturno da lei studiato per  vendicarsi del suo ragazzo fedifrago e dei suoi finti amici a colpi di pesci morti nei cassetti e sopracciglia depilate nel sonno (uuuuuuuuh, we've got a badass here) per poi sparire nel nulla buttando il povero Q nello sconforto più totale, con la convinzione che si sia inesorabilmente suicidata (Madonna Santa Q., pensa positivo) e con una poesia di Walt Whitman sfracassapalle da interpretare come indizio non mi ha particolarmente entusiasmato né dal punto di vista narrativo né, diciamolo, emotivo.

Questo però non vuol dire l'abbia trovato un libro pessimo.
Penso che Green sia uno di quegli autori contemporanei un po' sopravvalutati, sì, ma certamente superiori da un punto di vista tecnico ad altri scrittori che hanno avuto ancor più successo con opere ben più imbarazzanti (non tutti forse lo sapete, ma ho letto l'intera saga di Twilight -il primo anche in inglese, per accertarmi che la Meyer scrivesse davvero così di merda e che non fosse colpa del traduttore- per poter davvero dire, senza pregiudizi, che sì, fa veramente cagare. E posso dirlo perchè diamine, l'ho letto! Li ho letti tutti, porco cazzo, quando avrei potuto studiare per gli esami che mi mancano alla laurea. O finire I Fratelli Karamazov di D., che invece adoro. Incredibile come a volte le cose che non ti piacciono ti risucchiano un perverso abisso dove non puoi fare a meno di pensare "Dio, fa così schifo che devo finirlo").

La storia tutto sommato non mi è dispiaciuta, l'ho letto volentieri. Forse ero partita con grandi aspettative, e forse anche lì è stato il mio errore.
Non sono convinta sia convenzionalmente accettabile come metro di giudizio relativo al gradimento di un libro, ma spesso se un racconto mi coinvolge al punto di dedicarvi ogni singolo momento libero della mia giornata finisco per annotare ogni singola frase, citazione, passaggio sul mio Moleskine o per riempire il libro di appunti, annotazioni o care vecchie orecchiette ai bordi.
Con Paper Towns (scusatemi, sono ossessionata dal chiamare le cose con il loro titolo originale) non è praticamente mai successo. Solo un passaggio ha suscitato la mia attenzione più degli altri (un dialogo tra Q. ed il suoi genitori), ma nulla più.


Tipico dei miei genitori: secondo loro nessuno può essere un pezzo di merda e basta. C'è sempre qualcosa di problematico dietro, non sono solo stronzi col botto: devono avere problemi di socializzazione, o magari personalità borderline, cose così. 
(...) 
"So che adesso ti è impossibile vedere i tuoi coetanei in quest'ottica, ma quando sarai adulto comincerai a vederli tutti come persone, sia i buoni che i cattivi. Semplici persone, che meritano di essere considerate. Affette da disturbi, nevrosi, difficoltà più o meno gravi ad entrare in contatto con la realtà."
(...)
"Più faccio il mio lavoro, più mi rendo conto che gli esseri umani sono sprovvisti di buoni specchi. E' durissima per gli altri spiegare a noi come ci vedono e durissima per noi spiegare agli altri come ci sentiamo."



Da qui a consigliarvi di starne alla larga, però, no.
Se cercate qualcosa di veramente coinvolgente e più oscuro, ma comunque avvincente e leggibile, Murakami for life (L'Uccello che girava le viti del Mondo, Kafka sulla Spiaggia), ma se cercate un libro più breve, gradevole e con un hint di mistero allora perchè no.

Quanto a me, The Fault in Our Stars è stato un disastro (mille, mille volte meglio A Walk To Remember di Sparks a questo punto se volete darvi una martellata sui maroni fatta come si deve, sia per quanto concerne il libro che l'adattamento cinematografico) ma penso che farò un ultimo tentativo con le sue prime opere, An Abundance of Catherine o Looking For Alaska.
Vi farò sapere o anche no.

See you soon ;)